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Padre Carlo Salvadori scrive da Douala il  30 novembre 2015

FOTO: Padre Carlo



Cari amici,


siamo a 35 gradi e tutto va bene. Veramente da quando la pioggia ha deciso di smettere non è più scesa una goccia d’acqua. Comunque l’ultimo acquazzone ce lo ricorderemo perché un fulmine ha colpito il trasformatore e siamo rimasti 7 giorni senza luce. La natura è così.
Il nostro gruppo Missio è veramente interessante. Abbiamo realizzato due incontri che ci hanno permesso di riflettere sulla chiamata di Gesù nel contesto attuale. Gesù chiama proprio me, giovane camerunese che vive in una società talmente corrotta che all’ospedale se vuoi che l’infermiera ti metta la flebo devi darle qualcosina. Capite che qui Vangelo e preghiera non sono opere devozionali ma è ‘trovare la forza di andare avanti ogni giorno contro venti e maree’.
 Ultimo esempio un papa viene a chiedere aiuto perché il responsabile del mercato Madagascar vuole metterlo in prigione:

1.      il Responsabile ha visto un posto allettante e lo ha venduto a 450 euro.

2.      il Titolare dell’esercizio si oppone e siccome gli esigono il documento di attribuzione e lui lo ha perso decide di produrne uno falso

3.      il Titolare denuncia il Responsabile per corruzione e il Responsabile che si accorge che il documento di attribuzione è falso (il Titolare non si è accorto che ha ottenuto un documento nel 2008 con la carta d’identità del 2015) e lo denuncia a sua volta.
 A questo punto intervengo e convinco le parti a desistere, cominciando dal Titolare che poi è seguito dal Responsabile.
 Risultato: il Titolare desiste il Responsabile no. La polizia sta cercando il primo per falso e uso di falso.
Ecco cari amici una storia ormai banale e quotidiana qui da noi.
Allora i nostri giovani devono seguire Gesù in un contesto simile in cui il pesce grosso mangia il pesce piccolo ogni giorno.
   Un mese fa sono andato all’isola di Manoka, 20 km da Douala. Si trattava di una ricognizione perché il gruppo degli amici Missio andranno in missione 4 giorni in dicembre.
Ad accogliermi il parroco e tre giovani che vivono con lui tra cui un seminarista. Manoka è un villaggio di pescatori di circa 2400 anime. La maggioranza sono nigeriani venuti per la pesca e l’essicazione del pesce (una vera e propria industria). Alla chiesa cattolica vi sono 50 fedeli mentre all’Evangelica 30. Si dice che a Manoka ci siano più pastori che fedeli infatti le sette ‘cristiane’ sono molto in voga.
 La lingua parlata è il pidgin (broken english) e i giovani preferiscono la pesca alla scuola. Lo Stato è presente: polizia, comune, esercito, sotto prefettura. C’è pure un ospedale anche se gli abitanti non ci vanno perché ricorrono alle piante medicinali. Non c’è luce e nemmeno acqua potabile. L’unica acqua potabilizzata è quella dell’esercito che ne da 10 litri al giorno al prete. Si dice che nel sottosuolo ci siano giacimenti di petrolio.
 Ebbene il 19 dicembre andremo a Manoka. Teresa non ti preoccupare che poi torno. I (12) giovani che accompagno sono coloro che hanno seguito una formazione di 2 anni a casa nostra. Vivremo questa esperienza di incontro con queste popolazioni ed in particolare con i giovani con spirito di amicizia.
 Nel frattempo sempre con i giovani abbiamo vissuto tre giornate vocazionali molto intense il cui tema era la Misericordia. Ospiti per l’occasione, la famiglia Talom che fu duramente provata dall’incidente stradale del figlio maschio maggiore nel 2005 che rimase emiplegico. Ovvero paralisi delle gambe e delle vie urinarie… Come vivere questa prova? era la domanda al cuore delle nostre mattinate.
Ecco la risposta di papa Prosper presente alla prima giornata: “non posso ribellarmi alla divina provvidenza. Mio figlio non è morto, poteva essere peggio. E’ Dio che ha fatto questa creatura. Dio mi ha dato questa prova per aumentare la mia fede. Questo si chiama croce”. “Quando il dottore ha annunciato a Patrick che sarà paralizzato a vita, è rimasto sereno e ci ha impedito che la tristezza regnasse nella nostra casa. Da allora ci siamo amati con molta più forza (6 figli)”.
 Ed ecco la risposta di Patrick: “Sono handicappato, prima correvo ora non posso più. Prima camminavo e andavo dove volevo ora non posso più. Dio mi ha insegnato a guardare a ciò che è rimasto dopo l’incidente. Ho la vita, ho le braccia, ho il cuore, ho la testa. Dio mi dà la grande possibilità di servirlo con ciò che mi rimane. Sono missionario in sedia a rotelle. La mia vita è donata a Dio e ai giovani che accompagno ogni giorno”. “se prima avevo 100 amici ora ne ho 5000. Molti più papà, molte più mamme, molti più amici”.
 Ecco cari amici la testimonianza di amore di queste persone. A me hanno aiutato ad essere più uomo e più missionario. Spero che anche a voi queste parole facciano del bene.
 Un saluto particolare a Alessia e Marco che sabato si sposano. Un grazie a loro che hanno scelto “la lista di nozze solidale” in favore dei bambini dell’orfanotrofio St Jean Deido in nome del loro zio padre Sergio Favarin.
Un grazie a Matteo Maestri per i palloni da calcio. Sono arrivati.







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