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diacono Pandri

Anniversario della morte della:
Beata OrsolinaVeneri di Parma, Vergine
(Parma 14 maggio 1375 - Verona 7 aprile 1408)
Nacque da Pietro e da Bertolina. Secondo la tradizione devozionale, la sua infanzia fu segnata dall’elezione a Dio: rifiutò di farsi allattare da una nutrice disonesta, fu incapace di reggersi fino a cinque anni di età, ma portata in San Pietro Martire cominciò a prendere vigore fino a giungere alla guarigione, infine a nove anni rivelò a un sacerdote le sue speciali virtù intellettuali mostrandosi posseduta dalla grazia, tanto da parlare delle cose divine con straordinaria proprietà e scurezza, senza essere stata istruita da alcuno. Palesò doti speciali riferite non tanto alla possibilità di operare miracoli, ma alla capacità di esercitare prodigi intellettuali, singolari per età ed estrazione sociale.
Nella Vita della Veneri, compilata da Simone Zanacchi, viene successivamente ricordato come ella vivesse molto opportunamente appartata, per tutelarsi dai pericoli del mondo a causa del suo aspetto particolarmente grazioso. Il riferimento, riportato dall’Affò, sembra riecheggiare la motivazione addotta per tradizione al ruolo dei monasteri femminili, che a Parma pare abbiano esercitato una funzione di controllo sociale nei confronti delle giovani aristocratiche dotate di prestigio e beni, affinché non divenissero preda delle insidie mondane. Fin dall’infanzia fu tutta dedita alle pratiche di pietà ed ebbe il dono di visioni o, come meglio dice Ireneo Affò, devote contemplazioni, che furono da lei comunicate ai suoi direttori spirituali i quali le registrarono in parecchi manoscritti che si conservano nell’archivio di Stato di Parma e in quello comunale di Siena.
Della sua appartenenza all’ordine Benedettino parlano tutti i biografi parmensi, i quali la dicono monaca o almeno oblata, ma il fatto è ignorato dal suo primo biografo, il già ricordato Zanacchi, priore della certosa dei Santi Maria e Girolamo di Montello presso Treviso, il quale, pur scrivendone la Vita nel 1472 (trascritta dai Bollandisti) su richiesta delle Benedettine di San Quintino in Parma, dice anzi che la Veneri non volle legarsi a nessun istituto religioso. È ben vero però che essa ebbe molti rapporti di amicizia con la badessa di San Paolo, altro monastero benedettino di Parma, che le sue reliquie ebbero sepoltura nella chiesa di San Quintino e che le benedettine ne conservarono e ne promossero il culto.
La Veneri decise di porre le sue straordinarie doti spirituali al servizio della pace della Chiesa, ancora travagliata dallo scisma avignonese. Partì allora da Parma nella primavera del 1393, all’età di circa diciotto anni, accompagnata da un gruppo esclusivamente femminile (la madre, una parente e una fantesca), intraprendendo il viaggio alla volta della Provenza. Preparata a superare insidie non comuni, la tradizione vuole che, nei tratti più rischiosi del tragitto, fosse confortata dalla visione di San Giovanni Evangelista, sua guida e protettore. Ad Avignone poté rivolgere la parola allo stesso antipapa, che nonostante l’indubbio interesse mostrato, rifiutò successivi incontri con la Veneri. Si recò quindi a Roma da papa Bonifacio IX, il quale la rimandò ad Avignone, dove però non venne neppure ricevuta dall’antipapa Clemente VII. Al suo ritorno nella città natale avvenne l’incontro con Giangaleazzo Visconti, Signore di Milano e governatore di Parma, al quale la Veneri si rivolse più volte per convincerlo a governare con maggiore clemenza e giustizia.
Nell’Archivio di Stato di Parma, tra le carte dell’ex monastero di San Quintino, si conservano due bolle di Bonifacio IX del 1396 (pubblicate dall’Affò nel 1787), nella prima delle quali, in data 22 febbraio, si concede alla Veneri di potersi fare assolvere in punto di morte dal confessore da lei scelto, con remissione plenaria di tutte le sue colpe, e nell’altra, del 1° marzo, si dà facoltà alla madre Bertolina, vedova di Pietro e alla Veneri di potersi recare in pellegrinaggio al Santo Sepolcro in compagnia di altre dieci persone da loro scelte. Queste sono le uniche testimonianze documentali che si conoscono sui rapporti della Veneri con la Santa Sede. È ancora ignota l’importanza della sua attività per la cessazione dello scisma, ma il fatto non può essere messo in dubbio.
Nel 1396 compì il viaggio in Terra Santa. Al ritorno si fermò a Venezia, dove lasciò un’impronta così viva della sua santità che, a distanza di quarant’anni dalla sua morte, la Repubblica volle promuoverne la canonizzazione e diede inizio alla costruzione di un monastero di monache sotto il suo nome (così almeno affermano le monache di San quintino in una supplica agli Anziani di Parma). Da Parma venne mandata in esilio (come appartenente a famiglia della squadra dei Rossi) nel 1405 da Ottone Terzi che si era impadronito del potere della città e temeva l’influenza spirituale della Veneri sui suoi concittadini. Affò ritiene che il forzato allontanamento dalla città non fosse dovuto a esplicita militanza nella squadra dei Rossi, ma al fatto di essere coinvolta nella lotta politico-economica che, già dai primi anni del XV secolo, faceva del ricco cenobio femminile del monastero di San Paolo un’ambita preda da conquistarsi attraverso l’elezione della badessa. Dopo un breve soggiorno a Bologna, si portò con la madre a Verona, dove morì a 33 anni d’età. Alla morte del Terzi, la madre ne portò la salma a Parma e la seppellì nella chiesa di San Quintino.
 Il suo culto fu confermato da papa Pio VI l’11 febbraio 1786. La festa si celebra nella diocesi di Parma il 7 aprile, con rito di terza classe. In San Quintino si celebra la festa popolare la domenica in Albis.
Storia e Memoria  ( a cura di Carletto Nesti)
per ulteriori informazioni e riferimenti vedi http:/www.gazzettadiparma.it/news/parma/100590/Storia-e-memoria.html

 La Messa continua con il rito eucaristo

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