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IL 17 FEBBRAIO PADRE ANDREA  HA INVIATO AL GAMS UNA ANTEPRIMA DELL'ARTICOLO  SUL MOZAMBICO CHE COMPARIRA' SU "MISSIONE OGGI" RIVISTA SAVERIANA DI GRANDE SPESSORE MISSIONARIO  E POLITICO SOCIALE




GRAZIE ANDREA









Al supermercato Mozambico, giustizia e pace ancora non pervenute


«È  doveroso impedire la trasformazione del Mozambico in un supermercato. È doveroso impedire la svendita del nostro paese e delle sue risorse naturali. Parafrasando le parole di Gesù nel Vangelo (cf. Mt 16,26; Mc 8,36; Lc 9,25), potremmo chiederci: a che serve guadagnare molto denaro vendendo il nostro paese alle grandi e piccole potenze economiche del mondo, se poi perdiamo la nostra identità come popolo mozambicano?»[1].

Un appello caduto nel vuoto

Le parole profetiche dei vescovi del Mozambico echeggiano potenti a distanza di quattro anni. Correva l’anno 2012 e il paese dell’Africa australe celebrava i venti anni degli Accordi di Pace - firmati a Roma il 4 ottobre del 1992 - che ponevano fine ad una guerra civile che in sedici anni aveva fatto un milione di morti. Nel documento, intitolato Costruire la democrazia per preservare la pace, i vescovi guardavano al paese e constatavano una democrazia bloccata. Individuavano la concomitanza di una pluralità di cause che, ad oggi, sono rimaste inalterate: «Abusi di potere da parte dell’élite politica, idolatria del partito associata a culto del capo, corruzione, disuguaglianza nella distribuzione del potere, della ricchezza e del benessere che si riflette nell’opulenza di una piccola minoranza ostentata di fronte all’impoverimento della maggior parte della popolazione»[2].
Ma è sulla questione dell’economia e della gestione delle immense risorse naturali del paese che si gioca la partita chiave della democrazia e della pace. «Dio ha benedetto il nostro paese con una infinità di risorse. Di fatto, oggi stiamo assistendo all’esplosione di scoperte, in qualsiasi parte e di ogni tipo. Ma se nel loro utilizzo vengono a mancare la saggezza, la prudenza e una politica giusta e trasparente, possono trasformarsi in un incubo, in una seria minaccia per il paese o addirittura in una vera fonte di divisione, disuguaglianza, conflitti e guerra»[3].
I vescovi avevano visto bene. Purtroppo il loro appello cadde nel vuoto. Pochi mesi dopo, nell’aprile del 2013, cominciarono di nuovo gli scontri armati tra i due avversari di sempre. Da una parte il Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambico): filosovietico durante la guerra fredda, rigeneratosi ultraliberista in tempi di economia di mercato, è al governo dal 1975 - anno dell’indipendenza dal Portogallo - prima come partito unico e poi come sistema di potere onnivoro che ha occupato in maniera tentacolare lo Stato, la società, l’economia e la finanza. Dall’altra parte la Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana): principale partito di opposizione che non ha mai rinunciato definitivamente alla lotta armata, compromettendo in tal modo la sua credibilità politica. Da tre anni prosegue questa guerra a bassa intensità che, tra fasi di maggiore o minore violenza, continua a mietere vittime e che nel settembre 2015 ha visto due tentativi di assassinio del leader della Renamo.


Supermercato Mozambico

Nel frattempo chi fa la spesa indisturbato al “supermercato Mozambico” è il capitale straniero. In chiara connivenza con quella che un tempo era solo élite politica ed ora è anche élite economico-finanziaria, complice di svendere per tornaconto personale un paese benedetto dalle risorse naturali.
Nel Canale del Mozambico c’è uno dei più importanti giacimenti di gas naturale del pianeta. Le prime concessioni risalgono al 2006. Attualmente operano l’Andarko (USA), l’Eni (italiana), la Statoil (norvegese), la Cnpc (cinese), la Galp (portoghese) e la Petronas (malese). Si stima che nella sola area controllata dalla Eni ci siano riserve per 2407 miliardi di metri cubi di gas, sufficienti per soddisfare per oltre 35 anni il fabbisogno italiano.
Nel regione centrale di Tete, nel distretto di Moatize, c’è il più grande giacimento a cielo aperto di carbone del mondo. Vi operano la Vale (brasiliana), la Jindal (indiana) e la ICVL (anch’essa indiana) che ha recentemente rilevato le attività della Rio Tinto (britannico-australiana).
Il Mozambico è ricco di legname pregiato. La maggior parte delle concessioni sono in mano ad imprese cinesi. È diretto in Cina il 93% del legname tagliato in Mozambico. Una Ong ha calcolato che il 49% sia tagliato illegalmente. Di questo passo nel 2029 termineranno le riserve commerciali di legname.
Il Mozambico è uno dei paesi africani che maggiormente sta subendo il fenomeno del land grabbing, letteralmente “accaparramento di terre”: grandi multinazionali dell’agrobusiness, fondi di investimento, società finanziarie e governi si appropriano, agevolati dal potere locale, di vasti appezzamenti delle terre più fertili, generalmente all’insaputa delle comunità autoctone che si trovano espropriate del bene primario di sussistenza.
Un esempio eclatante è il ProSavana, uno dei maggiori affari di agrobusiness del continente africano. Nel settembre del 2009 i governi del Mozambico, del Giappone e del Brasile firmarono gli accordi di questo progetto controverso, elaborato e mantenuto sotto stretto segreto fino al 2011. Il ProSavana prevede l’acquisizione di un’area di 14 milioni di ettari nel nord del paese da parte di imprese dell’agrobusiness per impiantare le monoculture della soia, del mais, della canna da zucchero e del cotone: un progetto immenso che abbraccia 19 distretti di tre regioni diverse e dove risiedono quattro milioni di persone che rischiano di rimanere senza terra sulla propria terra.
È il meccanismo coloniale che si ripete: il paese ridotto a fornitore di materie prime destinate all’esportazione e le comunità locali asservite come manodopera a basso costo.
Nel frattempo l’economia mozambicana cresce. Negli ultimi dieci anni, con un incremento annuo del PIL tra il 7% e l’8%, il Mozambico è diventato una delle tre economie dell’Africa sub-sahariana più attrattive per il mercato internazionale. Ma questo non si materializza nel miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Anzi. Se è vero che tra il 1996 e il 2003 la percentuale di mozambicani sotto il livello dei povertà è diminuita dal 69% al 54%, tra il 2004 e il 2015 la percentuale è rimasta invariata, mentre il numero assoluto dei poveri è aumentato di due milioni. E il 43% dei bambini sotto i cinque anni continua a soffrire di denutrizione cronica. A ratificare tutto questo, il rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano nel mondo, datato dicembre 2015, che colloca il Mozambico nella posizione n° 180 su 188 paesi presi in esame. In sintesi: una crescita senza sviluppo. Il PIL cresce, ma l’economia nazionale non è in grado di trattenere e di distribuire la ricchezza generata nel paese perché controllata dal capitale straniero. La ricchezza va all’estero (e nei conti in banca dell’élite al potere), mentre la popolazione continua affossata nella povertà.

Due linee di azione. Dall’alto

Che posizione assumere e che fare come cristiani? Così risponde il documento: «Non possiamo dissociare l’annuncio del Regno di Dio dagli avvenimenti concreti della società che siamo chiamati ad evangelizzare [...]. Dobbiamo crescere nella coscienza che queste questioni del paese interessano tutti, impegnarci seriamente e diventare più partecipativi nella gestione dei problemi che riguardano la convivenza democratica e il bene comune»[4].
Un appello alla presa di coscienza, alla responsabilità e all’impegno a partire dal quale si possono delineare due movimenti di azione: uno dall’alto e uno dal basso. Per quanto concerne il primo, si afferma il principio di fondo di un una politica costruita sulle basi del bene comune. In questa direzione, a titolo di esempio, i vescovi auspicano la revisione e rinegoziazione dei “megaprogetti” - vale a dire gli investimenti superiori ai 500 milioni di dollari come quelli del carbone, del gas e dell’agrobusiness - in modo che ci sia un beneficio effettivo per tutta la popolazione e per le generazioni future. Altrimenti i megaprogetti finiscono per generare “megaproblemi”. «Megaproblemi politici, economici, sociali, culturali ed ecologici»[5].

Dal basso

Ma questo non è sufficiente se manca una presa di coscienza dal basso. Ecco allora che diventano «necessari e urgenti una riflessione e un dibattito inclusivo sulle questioni cruciali del paese che non possono essere lasciati solo ai politici di professione o agli specialisti del settore, ma devono coinvolgere tutti gli strati della società civile»[6].
La società civile, appunto. La società civile - intesa come sfera di interazione sociale che si pone in maniera critica, libera ed autonoma di fronte allo Stato e al mercato - latita fortemente in Mozambico. Il partito-stato Frelimo ha infatti occupato la sfera pubblica creando movimenti e sindacati propri e continua soffocando con la violenza il dibattito e il dissenso democratico.
Tuttavia forme embrionali di società civile stanno sorgendo nel paese proprio a partire da quelle comunità locali che vedono calpestati la loro dignità e i loro diritti per il solo fatto di vivere in aree ricche di risorse naturali. Là dove appaiono i megaprogetti del carbone e del gas, là dove la terra è espropriata e intere famiglie sono espulse, là dove le imprese cinesi tagliano illegalmente legname, proprio là ci sono comunità che si mettono in relazione e si organizzano creando cammini di resistenza. In questo processo di costruzione dal basso, a partire dalle comunità locali, di una società civile organizzata, la Chiesa gioca un ruolo determinante. In un paese dove i cattolici sono minoranza, costituendo circa il 25% della popolazione, la Chiesa è capillarmente sparsa su tutto il territorio nazionale attraverso le parrocchie che, data l’estensione vasta, sono organizzate con il metodo delle Comunità Ministeriali di Base: una Chiesa di base e laicale che esiste in virtù dei suoi ministeri, come il corpo esiste in virtù delle sue membra.
 
Liberi sulla propria terra: le Commissioni di Giustizia e Pace
Una di queste membra vitali delle Comunità Ministeriali sono le Commissioni di Giustizia e Pace, che fanno riferimento alle rispettive Commissioni Diocesane di Giustizia e Pace. Particolarmente attive sono le Commissioni delle diocesi di Nampula e Nacala - situate nell’area interessata dal ProSavana - e la Commissione della diocesi di Beira, nella zona centrale del paese, una delle più colpite dal land grabbing e dal taglio illegale di legname da parte di imprese cinesi.
Terra e legname: oggetto di appetiti globali e al tempo stesso fonti di sopravvivenza delle comunità locali. Su queste due materie lo Stato mozambicano si è dotato di due buone leggi che mirano a salvaguardare le comunità e il territorio. Per esempio, sulla questione della terra, la legge afferma che essa appartiene allo Stato e non può essere venduta. Le comunità locali hanno diritto al suo usufrutto e nel caso che un soggetto terzo ne manifesti l’interesse, la comunità deve essere coinvolta nel dibattito decisionale attraverso consultazioni pubbliche. Al contrario, accade che il governo ceda la terra alle imprese dell’agrobusiness e intere famiglie siano espulse senza consultazione pubblica e senza alcun indennizzo. Analogamente, per la questione del legname, la legge stabilisce che, oltre alle consultazioni pubbliche, il 20% di quanto l’impresa paga in imposte allo Stato sia destinato alla comunità locale per progetti di sviluppo sociale e che il 15% venga utilizzato per il rimboschimento. Nella pressoché totalità dei casi, ciò non si verifica.
 Di fronte allo scollamento evidente tra una buona legge e una popolazione vulnerabile che non la conosce e di fronte agli abusi che ne derivano messi in atto dall’élite al potere e dal capitale straniero, le Commissioni di Giustizia e Pace divulgano la legge nelle comunità locali affinché esse stesse diventino coscienti dei propri diritti. Ma c’è un passo anteriore che è più delicato e decisivo. In un contesto nel quale le istituzioni producono una legalità troncata e nel quale imperano la paura e la sottomissione di fronte all’autorità, le Commissioni di Giustizia e Pace mettono in relazione le persone. Assieme all’altro, in un contesto di comunità, si vincono la paura e la rassegnazione, si costruiscono una coscienza e un’identità, si impara a prendere la parola e a rivendicare i propri diritti. Primo fra tutti quello ad una vita degna. Da vivere come cittadini liberi sulla propria terra. E non come merce in liquidazione in paese-supermercato.

Andrea Facchetti, SX
 





[1] Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Mozambicana,  Costruire la democrazia per preservare la pace, nn. 24-25, Maputo, 2012
[2] Ibid., nn. 9-12 e n. 26
[3] Ibid., n. 15
[4] Ibid., n. 32 e n. 29
[5] Ibid., n. 16
[6] Ibid., n. 19






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